18 Mar 2022

Una forma della cura. Per uno stato dell’arte, tra danzaterapia e Dance Well

«One of the most ancient forms of healing» (Kock et al., 2014: 46). Questa definizione sintetizza la prospettiva in cui la danza, in maniera sempre più diffusa, si sta muovendo negli ultimi anni: la dimensione terapeutica, la cura, la pratica come integrazione dei protocolli clinici convenzionali.

Aprendo all’ascolto emotivo attraverso il movimento del corpo, la danzaterapia stimola il processo creativo, favorendo il miglioramento delle dinamiche relazionali, l’arricchimento esistenziale e la resilienza del paziente (Redaelli, 2015). Praticata con persone affette da discinesia dovuta a patologie – come il Parkinson – o alle conseguenze del processo di senescenza, la danzaterapia ha la peculiarità di proporre una stimolazione sia motoria che emotiva, in una patologia i cui sintomi più significativi sono proprio la compromissione motoria accompagnata da anomalie comportamentali.

Questo tipo di intervento trova la sua validazione non soltanto nelle pratiche diversificate che vengono realizzate ormai in molti contesti europei, ma anche sulla letteratura di tipo scientifico, che evidenzia il legame fisiologico fra sistema neuromotorio, empatia, abilità sociali e cinestetiche. Tra le personalità più autorevoli possiamo menzionare Sarah Houston, che sottolinea come sia necessario studiare la danza senza separarla da questioni di tipo politico-culturali, auspicando che la ricerca scientifica ‘pura’ non possa mai trascurare l’importanza del contesto sociale, politico e medico e della tradizione in cui si opera, in quanto si tratta di corpi ‘vissuti’ nella quotidianità. Accanto alle ricerche qualitative di Houston e alle questioni identitarie legate alla disabilità (Houston 2011), vi è una consistente letteratura che analizza come la pratica della danza sia connessa alla stimolazione dei circuiti dopaminergici, associati al piacere ‘edonistico’. La stimolazione dei neuroni della dopamina è legata anche all’apprendimento di rinforzo di competenze motorie (Wood, 2021): la proiezione dopaminergica è quindi collegata alla ricompensa e al piacere. Vi sono pertanto numerose ipotesi che attribuiscono alla dopamina un ruolo di mediazione e adattamento nell’apprendimento motorio: partendo da questi studi, sarebbe possibile ipotizzare l’impatto che l’osservazione dei movimenti della danza avrebbe sui diversi paradigmi comportamentali dell’essere umano. Come è noto, il ruolo della dopamina nell’essere umano è stato studiato principalmente in connessione con i disordini del sistema motorio (morbo di Parkinson) e i comportamenti relativi alla ricerca di ricompensa. Inoltre si deve approfondire come il sistema dei neuroni mirror, implicato nell’osservazione e nella pratica della danza (Calvo-Merino et al., 2005) sia coinvolto nei soggetti affetti da disturbi motori neurodegenerativi.

La pratica del Dance Well, iniziativa sorta con la diffusione di associazioni nate attorno alla Dance/Movement Therapy (Payne, 1997) e sostenuta come trattamento randomizzato di tipo integrativo per alcune patologie, è una tipologia di intervento, non strettamente di ordine terapeutico, finalizzata al miglioramento della qualità della vita. Con esso, contempla anche l’empowerment di persone affette da discinesia, patologie legate all’invecchiamento e decadimento cognitivo, e altresì rivolte al personale sanitario che se ne occupano, compresa la figura del caregiver. Dance Well è un lavoro costante sul gesto e sul movimento, volto ad acquisire nuove competenze in condizione di compromissione motoria dovuta alla malattia. Inoltre, la possibilità di mettere in scena questo processo davanti a un pubblico pone i soggetti in condizione di non essere percepiti come pazienti, ma come veri e propri performer (Franco, 2017). Le metodologie di ricerca prevalenti negli studi su questa malattia sono per lo più di tipo quantitativo (Palermo et al., 2020), collegate a sperimentazioni di tipo clinico e neuroscientifico (test clinici, strumentazioni, test psicometrici) che, dal punto di vista epistemologico, mancano di strumenti per analizzare nello stesso modo il fenomeno della danza.

Dal punto di vista artistico, la comunità della danza risulta sempre più coinvolta in una visione ‘collettiva’ della creazione e interessata ad un coinvolgimento delle comunità all’interno dei processi coreografici e drammaturgici. I processi artistici coinvolgono anche corporeità ‘non conformi’, in un più ampio panorama compositivo: a tal proposito, si può affermare che la creazione realizzata attraverso i corpi dei Parkinson’s dancers si arricchisca di una nuova prospettiva utile per i processi coreografici poi espletati nella messa in scena più ‘tradizionale’ (Houston, 2019); occorre però prestare attenzione a definire queste attività come prassi costante e condivisa, sensibile al valore etico della cura, senza trasformarle in iniziative di natura estemporanea, volte a soddisfare un criterio richiesto dalle istituzioni per l’elargizione di fondi e sostegni.

Andrea Zardi, dottorando in Lettere – curriculum: Spettacolo e Musica / Università di Torino


Bibliografia

Calvo-Merino B., Glaser D.E., Grèzes J., Passingham R.E., Haggard P., Action Observation and Acquired Motor Skills: An fMRI Study with Expert Dancers, «Cerebral Cortex» XV, 2005, pp. 1243-1249.

Farina E., Borgnis F., Pozzo T., Mirror neurons and their relationship with neurodegenerative disorders, «Journal of Neuroscience Research» 98, 6 giugno 2020, pp. 1070-1094.

Fontanesi C., DeSouza J.F.X., Beauty That Moves: Dance for Parkinson’s Effects on Affects, Self-Efficacy, Gait Symmetry, and Dual Task Performance, «Frontiers in Psychology» XI, 600440, febbraio 2021, p. 11.

Franco S., Dance Well: un passo a due con il Parkinson, «Economia della Cultura» II, giugno 2017, pp. 293-298.

Freedberg D., Empatia, movimento ed emozione, in Giovanni Lucignani, Andrea Pinotti (a cura di), Immagini della mente. Neuroscienze, arte e filosofia, Raffaello Cortina, Milano 2007.

Houston S., The Methodological Challenges of Research into Dance for People with Parkinson’s, «Dance Research» XXIX, 2, 2011, pp. 329-351.

Houston S., Feeling Lovely: An Examination of the Value of Beauty for People Dancing with Parkinson’s, «Dance Research Journal» XLVII, 1, aprile 2015, pp. 27-43.

Houston A., Different Bodies. A poetic study of dance and people with Parkinson’s, in Helen Thomas, Stacey Prickett (a cura di), The Routledge Companion to Dance Studies, Routledge, Londra-New York 2019.

Koch S., Kunz T., Lykou S., Cruz R., Effects on dance movement therapy and dance on health-related psychological outcomes: A meta-analysis, «The Arts in Psychotherapy» XLI, 1, 2014, pp. 46-64.

McGill A., Houston S., Lee R.Y.W., Dance for Parkinson’s: A new framework for research on its physical, mental, emotional and social benefits, «Complementary Therapies in Medicine» XII, 3, giugno 2014, pp. 426-432.

Palermo S., Morese R., Zibetti M., Romagnolo A., Pontremoli A., Carlotti E.G., Zardi A., Valentini M.C., Lopiano L., What happens when I watch a ballet? Preliminary fMRI findings on somatosensory empathy in Parkinson Disease. «Frontiers in Psychology» 11, agosto 2020.

Payne H., Danzaterapia e movimento creativo, Erickson, Trento 1997.

Pontremoli A., Elementi di teatro educativo, sociale e di comunità, UTET, Milano 2015.

Pontremoli A., La danza del nuovo millennio fra dissenso e partecipazione, «Culture Teatrali. Studi, interventi e scritture sullo spettacolo» XXX, 2021.

Wood A., New roles for dopamine in motor skills acquisition: lessons from primates, rodents, and songbirds, «Journal of Neurophysiology» CXXV, 2021, pp. 2361-2374.

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