11 Feb 2022

La danza incontra la realtà virtuale: tre voci per Hydrocosmos

Hydrocosmos è un’esperienza di realtà virtuale che racconta l’arrivo dell’acqua e l’emergere della vita cosciente in un angolo remoto dell’universo. Una narrazione astratta, presentata attraverso una sinfonia di corpi danzanti, immagini, suoni, luci e ombre. Il film in VR – diretto da Milad Tangshir e prodotto da Tecnologia Filosofica, in co-produzione con Coorpi e in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo – è parte del progetto onLive, cartellone diffuso sul territorio regionale, tra teatro e digitale. Se è vero – come afferma Simone Arcagni (docente presso l’Università di Palermo) – che «la tecnologia non sostituisce la performance dal vivo, bensì la potenzia», onLive mira proprio a questo: ibridare i linguaggi espressivi per sondare possibili traiettorie di sviluppo delle performing arts. Hydrocosmos è visibile al Museo Nazionale del Cinema di Torino, negli orari di apertura, dal 16 al 21 febbraio.


Ho avuto la fortuna di conoscere Francesca e Paolo grazie a una collaborazione tra Piemonte dal Vivo e Film Commission Torino Piemonte. La realtà virtuale rappresenta per me un’opportunità preziosa di sperimentare – grazie alle immagini in movimento – un territorio al di là del mezzo cinematografico. Mi offre cioè la possibilità di interrogarmi e di confrontarmi con il linguaggio visivo di un nuovo medium. Nello specifico di Hydrocosmos, ho usato la VR come campo di fusione fra corpo e immagine. L’atto del guardare mi affascina da sempre. E, in effetti, è una pista che percorro già da diversi anni (si pensi al mio precedente lavoro in virtual reality). Qui ho cercato di approfondire la relazione con la performance dal vivo, in maniera interattiva. La coreografia di Francesca e l’uso dello spazio invitano infatti lo spettatore a prendere parte attiva alla creazione, che si svolge entro la cornice del film, senza alcun taglio di montaggio. Questo flusso crono-topico ininterrotto permette a ciascuno di comporre la propria versione della performance, in una sorta di “coreografia dello sguardo”. Il paesaggio sonoro elaborato da Paolo, poi, intensifica l’esperienza, fornendole un’atmosfera ipnotica e aggiungendo dati acustici alla narrazione. Abbiamo prodotto questo progetto in un momento complesso, per cui vorrei ringraziare tutto il team di lavoro: in particolare, Stefano Sburlati, Aldo Torta, Giuseppe Saccotelli e lo staff di Piemonte dal Vivo e di Lavanderia a Vapore, che ci hanno accolti e supportati durante l’intero processo creativo

Milad Tangshir, regista cinematografico


A muovermi – e commuovermi – sin dall’inizio sono state la visione comune condivisa con Milad, la scommessa lanciata da Matteo Negrin e, ancora, la complicità creativa fin da subito instauratasi con una squadra che ha dato vita a un’intensa esperienza immersiva, tra cinema e performance. Nel dialogo costante tra danza e spazio visivo ho percepito la forza digitale del cinema: in Hydrocosmos lo sguardo, l’occhio, la vista, si incontrano, si toccano, proprio come accade nell’atto performativo. Grazie a Milad abbiamo come avvertito di essere toccati, in un certo senso “chiamati”, dallo sguardo della macchina da presa, fissa al centro dello spazio scenico, con i suoi 6 occhi disposti a 360°. Una presenza forte, che ha orientato il nostro sguardo, attivando una molteplicità di sensi: una costante messa a fuoco del problema della visione dello spettatore, che ascolta, riceve, cerca, vaga, si lascia portare. Ho lavorato a un piano coreografico spaziando tra adiacenze e prossimità, con l’intento di traghettare il fruitore tra correnti calde e fredde, in un arcipelago di atti performativi: l’apparire e il celare dei corpi e degli oggetti, la simultaneità delle azioni, i giochi di luci e di ombre come parti di una scrittura visiva e sonora in costante, cosmica, oscillazione, in un movimento di trasformazione dello spazio e del tempo. La sensazione che mi porto dentro – e che spero possa toccare lo spettatore – è quella di un viaggio onirico, realizzato senza la necessità di narrare una storia, se non quella che ci avvolge tutti quanti quando veniamo guidati dalle stelle.

Francesca Cinalli, coreografa e danzatrice / Tecnologia Filosofica


Era dicembre del 2019. Francesca ed io ci trovavamo ancora nel flusso creativo del nostro ultimo lavoro dedicato all’acqua, Sinfonia H2O, quando Piemonte dal vivo ci ha proposto di immaginare gli sviluppi di un possibile intreccio tra danza e cinema. Dopo aver sbirciato nell’archivio della Film Commission ci colpì un titolo, Star Stuff di Milad Tangshir: decidemmo così di andare a vedere il suo lavoro al Torino Film Festival. Da quel momento è iniziata un’avventura stimolante che si è dovuta confrontare con le complessità mutevoli del periodo pandemico. Non conoscevamo la VR: quando Milad ce ne ha parlato, ci è sembrato un medium intrigante perché rispondeva al nostro desiderio di ricerca sul confine dei linguaggi e all’esigenza di creare le condizioni ottimali per un’esperienza immersiva. Lavorando in sala, ci siamo subito resi conto che immagine, corpo e suono, attraverso la loro spazializzazione, potevano esaltare le qualità “live” della performance, restituendole in un nuovo e ulteriore canale linguistico. Dal mio punto di vista, il percorso è stato una scoperta continua: non potevo chiedere di meglio… Amo ricercare come se fosse la prima volta: oltre a immergermi in qualità di performer-musicista sul set allestito alla Lavanderia a Vapore, ho scoperto il mondo della post-produzione sonora, che considero il 50% del risultato finale. Che cosa mi ha più sorpreso? Il fatto che sia il lavoro artigianale analogico a fare la differenza nel sound-design. Anche in un’opera in VR.

Paolo De Santis, musicista e compositore / Tecnologia Filosofica

e
Appunti per una comunità che Danza

LAVANDERIA A VAPORE