29 Sep 2021

Il pregiudizio dell’età nel sistema danza

Nota alla traduzione dal testo inglese: i termini usati sempre al genere femminile sono dovuti al fatto che “Marmo”, il progetto ospitato in Lavanderia, ha un cast di sole danzatrici in scena. 

Quando mi è stato chiesto di prendere parte all’audizione per Dance On Ensemble, nella sua prima edizione, la versione pilota, ho esitato: non capivo il focus della proposta relativa all’età né che cosa avesse a che fare con me. Allora avevo 46 anni, ero danzatore in diverse produzioni e allo stesso tempo ero anche assistente artistico e direttore delle prove per due diversi coreografi. La questione della mia età non sembrava pesare né sulla mia carriera né sulla mia vita privata; quindi mi chiedevo perché avrei dovuto prendere parte un’audizione per un ensemble il cui focus di lavoro è proprio ‘la questione dell’età’. Anche nel porre questa domanda ho riconosciuto una possibile vergogna inespressa nel non presentare me stesso, la mia età e la mia storia interiorizzata in questa forma d’arte in modo profondo o orgoglioso. Senza trascinare questa storia troppo a lungo, feci l’audizione e fui accettato e sono attualmente il direttore artistico de Dance On Ensemble, ora al suo sesto anno di lavoro, grazie alle sovvenzioni che provengono dal Governo Federale in Germania. 

Condivido questi primi pensieri e dubbi perché, attraverso il mio lavoro con Dance On Ensemble, sono arrivato a capire quanto sia importante per i danzatori e le danzatrici che continuano a scegliere la danza – specialmente quando scelgono di continuare a essere interpreti per altri – non solo di continuare ma di sviluppare, imparare e presentare i loro molteplici talenti durante le audizioni. 

All’inizio del mio lavoro con Dance On Ensemble non avevo ancora realizzato, che in molte – se non in quasi tutte – le compagnie strutturate e finanziate, siano esse compagnia di danza classica o contemporanea, esiste un limite di età predeterminato per i danzatori e le danzatrici assunte in queste realtà: 40 anni sono diventati l’età media definita “dell’invecchiamento” per una carriera da performer. Nella mia ignoranza da freelance, non avevo mai realizzato quanto questa fosse una pratica diffusa nelle istituzioni. Io non sono mai stato assunto in una compagnia di danza o in un teatro comunale, non ho mai subito né mi è stata mai proposta questa clausola sull’età nei contratti. 

Offrire una soluzione a questo tipo di pratica è una delle motivazioni fondanti del progetto Dance On Ensemble, una delle tante. Lavorare in sala con danzatori e danzatrici che hanno in egual misura esperienza di vita e di lavoro e dedizione per continuare a investire su questa forma d’arte, attraversando le avversità che ogni carriera legata alla danza presenta, con un tocco di coraggio nel rifiutare l’imposizione esterna del “è ora di fermarsi”, è e continua ad essere trascendentale. Per favorire questo coraggio e questa curiosità, ho cercato di portare, con la mia curatela, esperienze coreografiche che hanno diverse diramazioni (in mancanza di una visione migliore). Il mio intento è quello di presentare lavori che ci concedano di attraversare un processo che sia nuovo e allo stesso tempo artisticamente solido. Come performer che ha un’esperienza di oltre trent’anni, raggiungere questo obiettivo può essere alquanto sfidante. La motivazione condivisa all’interno dell’ensemble è il desiderio di porsi nuove sfide, evitare un processo facile o fare una scelta artistica cauta. E divertirsi. 

Per il progetto a cui stiamo lavorando, Making Dances / Dancing Replies abbiamo chiesto a coreografi e coreografe contemporanee di creare un lavoro che fosse al contempo una reazione, ma anche una risposta a coreografie radicali. Lavori che sono già nel nostro repertorio per diverse ragioni. 

Quando ho iniziato come direttore artistico in Dance On Ensemble, sapevo che uno dei primi programmi che avrei voluto ricreare sarebbe stata una serata intera dedicata ai primi lavori di Lucinda Childs. Ho lavorato con Lucinda Childs come danzatore dal 1991 e sono stato suo assistente e direttore delle prove dal 2009. Grazie a questa mia posizione mi sono reso conto che molti dei suoi lavori non erano più stati portati in scena. Il lavoro di Lucinda Childs, nel corso degli anni ’70, consisteva in creazioni per ensemble di numero ridotto, il cui focus fosse solo il movimento dei corpi nello spazio, usando movimenti ripetitivi e senza nessun accompagnamento musicale. Questi work in silence, come li chiamo io, risultarono profondamente radicali per quei tempi e costituirono un grande spostamento nell’approccio alla danza per Lucinda Childs. Lasciare da parte gli oggetti di scena, i testi, i compiti, è diventato il tratto distintivo del suo lavoro al Judson Dance Theater; Lucinda si concentrò esclusivamente sul movimento puro e su partiture spaziali. Queste danze diedero inizio a quella che sarebbe stata poi la sua cifra stilistica e influenzarono in modo profondo il mondo della danza. 

Per il programma Making Dances / Dancing Replies ho chiesto a Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi di creare un lavoro che fosse una reazione a ciò che loro hanno sperimentato dei lavori di Lucinda Childs. Enrico e Ginevra hanno assistito alle prove, esplorato le partiture visive e dialogato con le danzatrici circa la loro esperienza di apprendimento ed esecuzione di questi lavori. Grazie a questa raccolta di informazioni, si sono potuti immergere nel cuore e nella bellezza di un lavoro classico. Qual è l’essenza, quali sono le caratteristiche della bellezza classica? Per loro è stata la materia, il materiale usato in molta arte classica ovvero il marmo. Nel loro lavoro, il cui titolo è appunto Marmo, viene indagato il mestiere e il ruolo dei minatori nelle cave di marmo e come la gestualità e le azioni di questi lavoratori possano diventare una forma astratta e performativa. 

Il lavoro porta inoltre alla luce l’idea del duro lavoro alla base di un prodotto finito a cui spesso non viene data importanza nella vita di tutti i giorni. Sottolineando la bellezza, la forza, la concentrazione e le azioni di questo mestiere, Enrico e Ginevra sono riusciti a guardare la storia del lavoro di Lucinda Childs e i suoi primi momenti con la Judson Dance Theater che celebravano, portandoli in scena, movimenti di uso quotidiano e quotidiani. Inoltre Panzetti-Ticconi hanno fatto in modo di rendere visibili questi lavoratori comuni nell’espressione virtuosistica della danza astratta, usando elementi come moduli molto rigorosi, cambi di ritmo ma anche l’aggiunta dell’elemento cura e dell’attenzione verso l’altro: prese, cadute, aiutare l’altro ad alzarsi dal pavimento ecc…Tutti questi elementi riflettono il mondo in cui loro, e noi, viviamo. 

È stato importante per me, dare a Ticconi/Panzetti l’opportunità di ampliare il loro raggio di azione coreografica, andare oltre alla creazione di un duetto e lavorare con altri corpi. Il fatto che queste danzatrici abbiano una lunga esperienza e continua curiosità di lavorare per altri coreografi e altre coreografe, ha creato la ‘tempesta perfetta’ che ha dato loro la possibilità di rischiare, chiedere molto alle danzatrici e di avere sempre un supporto attivo alla creazione da parte delle danzatrici. 

La Lavanderia a Vapore ha generosamente creato le condizioni di possibilità affinché questo esperimento avvenisse. La capacità di avere fiducia nel processo creativo, lasciare che esso prendesse forma, è andata al di là di ogni nostra aspettativa. La squadra di lavoro ha creato un equilibrio perfetto tra l’essere presente e di aiuto quando necessario e allo stesso tempo ci ha fatto sentire che il teatro e le sale di lavoro erano nostre, da usare secondo le nostre necessità, senza nessuna interruzione o giudizio. Questo atteggiamento, senza dubbio, ha fatto sì che il nostro lavoro potesse avanzare in un modo che non avrebbe potuto generarsi altrimenti. 

Ty Boomershine, Direttore Artistico Dance on Ensamble / traduzione di Valentina Tibaldi – English version

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Appunti per una comunità che Danza

LAVANDERIA A VAPORE