9 Giu 2022

Danzare l’arte tra neuroscienza e pratica immaginale

Si può “danzare” un’opera d’arte? È possibile percepire un quadro con sensi diversi dalla vista? Può la visione di un’opera d’arte essere cura per il corpo? L’approccio applicato da noi coreografe a sostegno del progetto DanzArte ha l’obiettivo di accompagnare ogni individuo in un’esperienza estetica capace di integrare risorse emotive e cognitive. Alla base della nostra proposta risiede la concezione di corpo inteso sia come esperienza sensoriale sia come dimensione conoscitiva interiore. Questo orientamento e il metodo utilizzato sono frutto di una pluriennale esperienza in ambito somatico, coreutico e terapeutico, sperimentato in diversi contesti: formazione e produzione con danzatori professionisti e amatori, nell’ambiente scolastico a partire dagli 8 anni e con varie declinazioni della fragilità.

Ispirandosi alle scoperte in ambito neuroscientifico[1] che offrono nuove prospettive sia in ambito performativo che in quello pedagogico, il nostro approccio, utilizzato all’interno del progetto DanzArte, fa riferimento ai forti legami tra l’ambito dell’apprendimento per imitazione motoria e l’ambito della neuroestetica che ha come oggetto di studio le basi biologiche dell’esperienza estetica [2]. Considerando la persona come fine cui tendere e il processo come mezzo per raggiungere l’interezza dell’individuo, proponiamo lo sviluppo di azioni che radichino in una pedagogia somatico-immaginale, capace di portare i fruitori a sperimentare una pratica completa e profonda, orientata a una traduzione cinestetica delle opere d’arte ponendo in dialogo arti visive e movimento/danza.

Il nostro orientamento si sviluppa in una narrazione semplice ma approfondita dal punto di vista tecnico e linguistico con un utilizzo sapiente della parola, in grado di orientare alla sensorialità e alla fluidità motoria, qualità fondamentale per garantire un’esperienza di benessere. Attraverso alcune semplici pratiche e l’ascolto delle connessioni suscitate dalla visione, si può arrivare a modulare la propriocezione corporea, le risposte gestuali ed emotive, alimentando il complesso processo di costruzione del proprio sé.

Pertanto, in riferimento al progetto DanzArte, abbiamo tradotto graficamente le linee di movimento ispirate alle opere di L. Cambiaso originando un collegamento empatico e formale [3]. Successivamente abbiamo organizzato partiture gestuali a loro ispirate, validate dai medici del dipartimento di cure geriatriche dell’Ospedale Galliera di Genova, affinché potessero rispondere a diversi livelli di complessità, tenendo in considerazione alcuni elementi tecnici: innanzitutto, allineamento posturale e organizzazione nello spazio, con una particolare attenzione alle strutture osteo-articolari e alla coordinazione motoria.

In conclusione, abbiamo cercato di riportare la parola “estetica” alla sua origine, aisthesis, alla percezione della bellezza attraverso i sensi, la cui radice rimanda alla nozione di “accogliere” e “inspirare”: quel trattenere il fiato dalla meraviglia che è risposta primaria [4]. Collaborare al progetto DanzArte ha significato per noi porre nuovamente al centro il senso di estasi e rivelazione, guardando le cose nella loro unicità sensibile e facendo riemergere in ogni corpo la possibilità stessa di rivelarla giacché la Bellezza è una necessità ontologica, che fonda il mondo nella sua molteplice particolarità sensibile.

Francesca Cola e Debora Giordi, coreografe


NOTE
[1] V. Gallese, L. Fadiga, L. Fogassi, G. Rizzolatti, Action Recognition in the Premotor Cortex, «Brain», II, 119 (1996), pp. 593-609; G. Rizzolatti, L. Fadiga, V. Gallese, L. Fogassi, Premotor Cortex and the Recognition of Motor Actions, «Cognitive Brain Research», II, 3 (1996), pp. 131-141; D. Freedberg, V. Gallese, Motion, Emotion and Empathy in Aesthetic Experience, «Trends in Cognitive Sciences», V, 11 (2007), pp. 197-203.
[2] B. Calvo-Merino, D.E. Glaser, J. Grèzes, R.E. Passingham, P. Haggard, Action observation and acquired motor skills: an FMRI study with expert dancers, «Cereb Cortex», XV, 8 (2005), pp. 1243-1249.
[3] S. Zeki, Inner Vision. An Exploration of Art and the Brain, Oxford University Press, Oxford-New York 1999, p. 126.
[4] J. Hillman, A Blue Fire, Adelphi, Milano, 1996, p. 440.

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