4 Feb 2021

Verso nuove alleanze e narrazioni

La condizione di emergenza in cui stiamo vivendo da un anno ha destrutturato qualsiasi progettualità e certezza. Ci siamo ritrovati nudi: artisti, operatori, cittadini, con un sistema di relazioni e di competenze da riscoprire, per far fronte al presente e immaginare il futuro delle nostre istituzioni. Nel corso di questi mesi abbiamo ritrovato la necessità di valori originari e abilità quali le capacità di ascolto, di collaborazione e di mettere a sistema le nostre competenze per far fronte ad un obbiettivo comune. Tutte capacità e valori certamente già presenti prima del Covid ma non più interpellate per la sopravvivenza del sistema e, quindi, non ancora fondamentali.

In questo contesto l’istituzione culturale di oggi manifesta alcuni aspetti che possono distinguerla dal modello di istituzione culturale tradizionale ereditato dal pensiero illuminista e che, finalmente, le consentono di rappresentare la contemporaneità. Una sfida importante che ci attendeva da tempo e che svela un modello di istituzione culturale o artistica che può essere accessibile, plurale, dinamico, impegnato, visionario, capace di rappresentare una pluralità di voci, di accogliere il presente e di fare sistema per dare risposte alle esigenze della propria comunità di riferimento:

  • accessibile perché capace di rilevare e accogliere le narrazioni del presente, proponendosi come spazio non giudicante, privo di pre-giudizi e aperto alla collaborazione con la società intera; 
  • plurale perché capace di dare voce alle narrazioni del presente, intercettando quelle rilevanti a livello locale e di aprire o connettersi alle voci nazionali o meglio ancora internazionali; 
  • dinamico perché capace di costruire la propria offerta culturale a partire dal fatto compiuto e dalla sua capacità di rilevare e integrare i propri errori; 
  • impegnato (engagé) perché capace di prendere una posizione, scegliendo le narrazioni che le consentono di ritrovare la giusta rilevanza per il proprio contesto di riferimento;
  • visionario perché apre spazi di confronto, connessione, creazione dove l’impensato possa accadere, dove i processi di ascolto e collaborazione danno vita a continue forme culturali di aggregazioni diversificate.

Per acquisire questa porosità e capacità reattiva, l’istituzione ha però bisogno di coinvolgere attivamente tutta la sua struttura organizzativa e il suo sistema di riferimento, facendo appello sia al senso etico di ciascun individuo che la attraversa nell’affrontare la relazione di gruppo (partner, beneficiari, policy maker, fornitori), sia alle sue soft skill, che dobbiamo integrare per poter rispondere alle istanze di contesto interno e esterno all’istituzione. Una logica questa che, sostenendo il valore del singolo e delle sue abilità nel processo di costruzione dell’identità dell’istituzione, suggerisce un ribaltamento di prospettiva delle sue dinamiche di sviluppo. Il singolo, la persona con le sue abilità e la sua sensibilità, influenza lo sviluppo dell’istituzione culturale e chissà se questo approccio non potrà contribuire allo sviluppo di un processo culturale di umanizzazione delle istituzioni contemporanee in cui l’elemento della fragilità e quello della diversità possano essere accolti, integrati e valorizzati.

Come possono l’arte e la cultura, in quanto patrimonio vivente, curato e sostenuto dalle istituzioni culturali, partecipare e contribuire attivamente allo svelamento del profilo di un nuovo modello di istituzione culturale? L’arte, in quanto spazio privo di giudizio, dedito all’osservazione, all’accoglienza, all’esplorazione del vivente, ha una capacità incontestabile di cogliere il potenziale inespresso, nascosto della società contemporanea, di coglierne la poesia e di esplicitarla, creando uno spazio di riflessione individuale o collettivo. Questo, oggi, è più che mai possibile anche grazie ai processi di audience engagement, che hanno consentito lo sviluppo di dispositivi artistici di relazione col contesto, messi a punto dagli artisti recentemente riscoperti per rispondere all’esigenza delle istituzioni di prendersi cura della domanda di cultura. In questi termini l’arte e la cultura rappresentano per l’istituzione sia lo strumento ideale per leggere il proprio contesto di riferimento con la giusta attenzione, poiché estraneo al pre-giudizio e sensibile al potenziale individuale/collettivo, sia lo spazio possibile per condividere la conoscenza prodotta dall’esperienza sul campo in forma collettiva con un contesto più ampio di quello che l’ha generata.  Con queste premesse circa la necessità di integrare l’arte come strumento di rinnovamento e di ridefinizione del senso delle istituzioni culturali per il proprio contesto di riferimento, è possibile ridisegnare il rapporto tra gli artisti e le istituzioni? Intorno al desiderio comune di cogliere o svelare il potenziale, sulla capacità di immaginare il futuro, può costruirsi una nuova alleanza tra artisti e istituzioni? 

Nel corso degli anni, da Centro di Residenza a Casa Europea della Danza, la Lavanderia a Vapore, direttamente o indirettamente, si è costantemente misurata con questi interrogativi e ha creato uno scambio costante con alcuni artisti intorno alla visione dell’arte e della cultura e al senso di un luogo di cultura per il proprio contesto che ha poi preso forma in progettualità condivise nel corso della stagione o in veri e propri percorsi di ricerca intorno ai dispositivi artistici di relazione con il contesto.

Nato nel 2017 come gruppo di lavoro per rispondere a esigenze concrete legate a spazi e calendari, nel dicembre 2020 il TRA – Tavolo della Ricerca Artistica diventa una nuova realtà artistica composta da più di venti artisti e formatori del territorio piemontese che da anni lavorano, ciascuno con le proprie specificità, all’interno del variegato settore della danza contemporanea: Amina Amici/Zerogrammi, Barbara Altissimo, Elena Cavallo, Fabio Castello, Francesca Cinalli/Tecnologia Filosofica, Gabriella Cerritelli, Francesca Cola, Renato Cravero/Tecnologia Filosofica, Doriana Crema, Erika Di Crescenzo, Francesco Dalmasso, Claudia Adragna, Elisa D’Amico, Cristina Da Ponte, Teresa Noronha Feio/Shared Training Torino, Emanuele Enria, Teresa Noronha Feio, Debora Giordi/BTT, Riccardo Maffiotti/Tecnologia Filosofica, Daniele Ninarello, Elena Pugliese, Aldo Rendina/Tardito Rendina, Said El Moumen, Samuel Fusca’, Federica Tardito/Tardito Rendina, Raffaella Tomellini, Aldo Torta/Tecnologia Filosofica, Antonella Usai/NAD.

In questo tempo pandemico, all’interno del tavolo, sono nati dei sottogruppi di lavoro con l’obiettivo di esplorare ogni contesto culturale con cui la Lavanderia ha aperto un dialogo: la scuola, le imprese, i luoghi di cura e di benessere. Ogni gruppo di lavoro ha riconosciuto un proprio referente di area di ricerca, che ha la funzione di curare il dialogo tra l’artista e l’istituzione e di sviluppare un sentiero di ricerca comune, fondato sulla reciprocità di interessi1 di istituzione, artista e contesto specifico. Questa mediazione, fino ad ora, si è rivelata strategica sotto diversi punti di vista: in primis nel costruire un clima di reciproca fiducia, poi nella comprensione delle esigenze reciproche e infine nella costruzione di azioni comunemente riconosciute di valore dall’artista, dall’istituzione e dal contesto sociale specifico. In questi termini la Lavanderia a Vapore è diventata anche uno spazio di co-creazione e progettazione tra istituzioni e artisti che ha coinvolto i cittadini che, a diverso titolo, interpellano azioni su misura ed interventi di cura rispetto ad un preciso contesto culturale. 

Proprio grazie a questa cura, nonostante le difficoltà del momento storico, il TRA sta operando rispetto a tre direzioni di ricerca:

  • innovazione didattica nell’ambito del progetto Media Dance: con un gruppo misto di insegnanti artisti, operatori, filosofi, medici ed esperti nell’ottica di avviare un progetto di sperimentazione didattica in collaborazione con istituzioni regionali e nazionali. 
  • welfare territoriale nell’ambito del progetto Dance Well, un progetto di promozione della danza contemporanea dedicato alle persone con il Parkinson insieme ad un gruppo composto da artisti formatori, filosofi, cittadini, fisioterapisti e all’istituzione che lo ha concepito.
  • welfare aziendale nell’ambito del progetto DAP – Dance Agency Project: con un gruppo composto da artisti, operatori, esperti in welfare aziendale e in fundraising che sta immaginando un progetto artistico e culturale dedicato al mondo delle imprese.

Grazie a queste direzioni di ricerca la Lavanderia a Vapore può, quindi, iniziare a sperimentare questa apertura alla società civile insieme agli artisti, per esplorare quelle forme e quei contenuti che le consentono di rappresentare il tempo presente, di uscire dall’incanto di un mondo da coinvolgere, per ritrovarsi in un mondo che non sente e non vede il valore che l’arte può portare all’individuo e alla collettività. A volte a causa della sordità o cecità, a volte per mancanza di suoni o di immagini evocanti. Poco importa. Quello che conta è capire come riattivare questo canale di dialogo per far sì che l’arte e la società possano, nuovamente e spontaneamente, tornare a frequentarsi nel quotidiano.

1 Loro, M. (2020) Oltre l’audience development,  in M.Gilli e S. Scamuzzi ( a cura di) Pianificare il turismo. Innovazione, sostenibilità e buone pratiche (pp. 90-98), Carocci, Roma

Mara Loro, Research curator consulente per l’innovazione e la ricerca della Fondazione Piemonte dal Vivo, co-founder Itinerari Paralleli. 

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Appunti per una comunità che Danza

LAVANDERIA A VAPORE