I PIANTI E I LAMENTI DEI PESCI FOSSILI

di Annamaria Ajmone

I fossili sono testimonianze temporali e dispositivi immaginativi che riconducono la materia inorganica ai cicli dell’esistere. Attraverso di essi è possibile entrare in contatto con il nostro lontano passato, ma anche con il nostro futuro: la materia vivente è destinata inesorabilmente a morire; a trasformarsi, da animale o vegetale, in minerale; ad accogliere millenni di sedimenti.
I fossili si situano al limite tra organico e inorganico, tra materia vivente e materia non vivente. La loro formazione avviene attraverso un incontro tra sostanze che produce un corpo ibrido e completamente nuovo: un aspetto che ci permette di ripensare il nostro rapporto con la materia che ci circonda, aprendo alla possibilità che questa ci modifichi a sua volta. Speculare su questo processo di trasformazione può aprire immaginari sul futuro del pianeta attraversato dalla sesta estinzione: quali sono le implicazioni, le conseguenze, le possibilità che si dischiudono nella relazione con intelligenze oltre-che-umane?

I pianti e i lamenti dei pesci fossili intraprende una ricerca sulla superficie del corpo. Annamaria Ajmone lavora sulla pelle come organo e motore del movimento, nel tentativo di comprendere profondamente come la superficie del corpo si relaziona con lo spazio esterno, con altri corpi e materiali.
L’altro livello dello schema coreografico e musicale esplorato è quello della voce: quali informazioni in più possono essere trasmesse alla materia e al movimento attraverso la voce? Quali trasformazioni può provocare? Quali connessioni con altri corpi? Quali versi, richiami o lamenti possono attraversare il tempo profondo e aspirare a ricevere una risposta? Questo scambio vedrà coinvolta sulla scena, insieme ad Ajmone, Veza Fernandez, artista che da anni porta avanti una ricerca sulla relazione tra danza e voce.