29 Maggio - 05 Giugno
ECHO FIELD | Étape Danse

Luogo
- Lavanderia a Vapore
- Collegno (TO)
Agenda
Chi siamo
Reti
Il tuo evento
Blog
News
Il nostro corpo non è il problema, né le nostre capacità fisiche, motorie, sensoriali, neurologiche, cognitive. Non possiamo più accettare che sotto un unico comodo termine medico-scientifico vengano riportati e appiattiti i nostri corpi, le nostre storie, le nostre mutevoli identità. Non stiamo parlando di disabilità, ma di Esperienze Disabilitanti imposte da una società costruita su un modello che avvantaggia solo l’essere umano occidentale, maschio, bianco, abile, sano, cisgender ed etero. (dal Manifesto di Al.Di.Qua. Artists)
Attraverso pratiche corporee e di scrittura, il workshop apre al tema del bisogno, come luogo d’incontro e dialogo con noi stessi e con gli altri. Cosa mi serve per stare bene qui? Ascolto, silenzio, sguardo, dialogo nello spazio intimo e collettivo, saranno gli strumenti per lasciare emergere i nostri bisogni, posizionarli nello spazio e formulare nell’incontro un access agreement di gruppo che possa accompagnarci durante Carte Blanche.
Attraverso la percezione visiva, il workshop permette una riflessione sull’uso degli occhi, le espressioni facciali e le mani. Grazie all’uso di queste ultime, si prende consapevolezza in diversi ambiti: nell’uso quotidiano, nella lingua dei segni, nell’arte, nel teatro.
Questo workshop mira a esplorare l’importanza dell’accessibilità in luoghi culturali come festival, spettacoli teatrali e altri eventi. In particolare, ci si concentrerà sulla relazione tra accessibilità, tempi, spazi e comunicazione e su come questi fattori possano influire sulla capacità delle persone neurodivergenti, con malattie croniche e/o disabilità di partecipare pienamente alle esperienze culturali.
Il workshop desidera condividere l’incontro tra il lavoro performativo curato da Marta Olivieri e le pratiche di audio-descrizione ideate da Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello. La collaborazione tra i tre autori ha generato un interesse per la riflessione sulla moltiplicazione della percezione. All’interno del laboratorio si proporrà una introduzione pratica del lavoro fatto in residenza per la creazione di Trespass_ Tales of the Unexpected.
Attraverso la percezione visiva, il workshop permette una riflessione sull’uso degli occhi e sulla possibilità di esprimersi attraverso espressioni facciali e le mani. Il loro utilizzo ci permette una maggior consapevolezza in molti ambiti: da quello quotidiano, alla lingua dei segni, all’arte, al teatro e molto di più.
Il workshop desidera condividere l’incontro tra il lavoro performativo curato da Marta Olivieri e le pratiche di audio-descrizione ideate da Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello. La collaborazione tra i tre autori ha generato un interesse per la riflessione sulla moltiplicazione della percezione. All’interno del laboratorio porteremo una introduzione pratica del lavoro fatto in residenza per la creazione di Trespass_ Tales of the Unexpected.
Questo workshop mira ad esplorare l’importanza dell’accessibilità in luoghi culturali come festival, spettacoli teatrali e altri eventi. In particolare, ci si concentrerà sulla relazione tra accessibilità, tempi, spazi e comunicazione e su come questi fattori possano influire sulla capacità delle persone neurodivergenti, con malattie croniche e/o disabilità di partecipare pienamente alle esperienze culturali.
Incarneremo quali valori, sogni e ricordi portiamo con noi e come si riflettono in luoghi specifici.
Il progetto Migration Dance Film Project, con sede a Montreal, realizza cortometraggi di danza percussiva che ruotano intorno al tema della migrazione: viaggi passati, presenti e futuri, in ambientazioni naturalistiche, boschi, scogliere, paesaggi lunari. Ogni film riflette temi universali creando nuovi rituali attraverso il movimento, il ritmo e il canto. Il progetto nasce otto anni fa dalla collaborazione creativa tra:
Sandy Silva, pluripremiata performer, coreografa, compositrice, produttrice e pioniera della danza percussiva acclamata a livello internazionale. Attinge dalle pratiche percussive globali infondendo temi con il movimento, l’integrazione vocale, il teatro e la musicalità, creando una forma unica e potente di narrazione performativa.
Marlene Millar, regista di documentari, film di danza e produzioni multimediali sperimentali dal 1991. BFA in cinema, laureata in regia presso la School of Art Institute di Chicago, ha ricevuto una Pew Dance Media Fellowship presso l’Università della California (Los Angeles). L’ampia carriera di Millar è stata celebrata in occasione della sua prima mostra personale, una retrospettiva dei suoi 30 anni di attività presso il Threshold Artspace, UK (2019).
Quale significato e quale valore possiedono i due termini nella contemporaneità? Quali sono i riti o meglio gli atti rituali che attraversano le comunità oggi? Il valore simbolico che ciascuno attribuisce nel proprio intimo a oggetti rituali, può essere riconosciuto dagli altri e divenire valore per la comunità? In che modo l’azione rituale può generare un principio di guarigione collettiva?
L’azione del guardare, all’interno di un luogo in cui poterlo fare al meglio. Questo ci suggerisce, fin dalle sue origini, la parola teatro. Lo scopriamo, soffermandoci sull’etimologia del termine (proveniente dal verbo greco θεάομαι, “guardare, considerare”). Ed è proprio questa minuscola riflessione ad aver aperto in noi i più vari interrogativi: è ancora questa la funzione del teatro? Guardare ed essere guardati? Si trasformerà nel tempo? E soprattutto, se chiamiamo in causa un pubblico giovane, come cambia per loro l’idea e il concetto di pubblico, performer e regista? Il gioco proposto all’interno del laboratorio diviene espediente per smarrire e successivamente appropriarsi di una connessione attualizzata con lo spazio teatrale. (A.P. e V.R.)